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Transizione energetica nel mondo: l’Argentina e il “tango” dell’idrogeno

La transizione energetica sta aprendo enormi prospettive di sviluppo in tutto il mondo e sembra aver trovato nell’idrogeno una delle fonti energetiche del futuro. In particolare l’America Latina, grazie all’ampia disponibilità di risorse rinnovabili (acqua, sole e vento), può davvero porsi come attore di rilievo nel futuro panorama energetico mondiale, in particolar modo nel campo della produzione di idrogeno verde (estratto dall’acqua attraverso l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili). Gli assolati deserti, le numerose risorse idriche, ma anche l’abbondanza delle materie prime (basti pensare che Cile, Argentina e Bolivia detengono circa la metà di tutte le riserve di litio del Pianeta), risultano fondamentali per sostenere le tecnologie della transizione, costituendo vantaggi strategici invidiabili.
Ciò almeno sulla carta.
Nel concreto il Sud America è un enorme continente, tanto vasto quanto complesso. Frammentato in una serie di realtà che troppo spesso vengono trattate superficialmente dalle cancellerie occidentali, con diversi problemi storici che minano le prospettive future di sviluppo.
Sostanzialmente si può affermare che a grandi opportunità energetiche (e quindi di business) si oppongono generalmente problemi di governance, normativi e più in generale di attrazione degli investimenti che minano le (a volte) ambiziose policy governative.
Al momento in quest’area geografica esistono Paesi che stanno investendo moltissimo sull’idrogeno per renderlo una realtà, su tutti il Cile, che ha presentato un’ambiziosa strategia, ed in seconda battuta l’Uruguay.
Un caso esemplificativo delle potenzialità inespresse del continente è l’Argentina che, con enormi opportunità energetiche ma ostacoli altrettanto rilevanti, meglio rappresenta il panorama sudamericano. Un Paese che possiede tutti gli strumenti per avviare un’importante produzione di idrogeno verde e blu (estratto da idrocarburi fossili con successiva cattura e stoccaggio della CO2 prodotta) e di imporsi nel panorama continentale e globale per quel che riguarda le energie rinnovabili, ma fermata al contempo dai suoi limiti economici e politici.
L’ Argentina ha tra le migliori condizioni naturali in America Latina per la produzione di idrogeno verde e blu. Infatti ha abbondanti risorse naturali rinnovabili come acqua (avendo un ampio litorale e numerosi corsi e bacini d’acqua dolce), sole (con un buon irraggiamento soprattutto nel nord-ovest a Cuyo) e vento (forte e costante in Patagonia e nelle zone montuose del centro-ovest del Paese), ma anche gas naturale (l’Argentina ad esempio ospita la seconda più grande riserva di gas di scisto al mondo nella Vaca Muerta), con varie filiere industriali pronte a cogliere le opportunità economiche legate all’idrogeno. Condizioni di partenza che permetterebbero di stimare costi relativamente competitivi e che a loro volta potrebbero stimolare nuovi investimenti statali e privati, nazionali ed internazionali.

A condizioni naturali decisamente favorevoli per la produzione di idrogeno si deve considerare però un’economia fiaccata da una crisi che non sembra ancora trovare soluzione, aggravata oltretutto dagli effetti legati alla pandemia Covid 19. L’economia argentina si è contratta dell’11,8% nel 2020 e sempre nello stesso anno Buenos Aires non è riuscita ad onorare il debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale, sostanzialmente dichiarando il secondo default in meno di un ventennio.
Nonostante grossi problemi di governance (soprattutto sul versante giudiziario e burocratico), il governo argentino sta effettivamente cercando di riformare lo Stato, anche sfruttando le opportunità offerte della transizione energetica. Il Presidente Alberto Fernández, in occasione della Giornata della Terra (22 aprile) ha affermato che sarà promosso un “complesso [industriale] produttore ed esportatore di idrogeno come nuovo vettore energetico.” L’interesse verso la filiera dell’idrogeno è altresì confermato dalle imprese, tra cui la IEASA (società energetica controllata dallo Stato e tra i principali importatori di gas naturale del Paese) che, superando limiti normativi legati all’aggiornamento della legge 26.123 del 2006 (che indica la filiera dell’idrogeno come settore di interesse nazionale) e anticipando le dichiarazioni del presidente argentino, hanno affermato la volontà di entrare nel business dell’idrogeno e del litio.
Al momento una delle realtà più importanti nel Paese latinoamericano è il consorzio H2AR, uno spazio che raccoglie le aziende argentine che già lavorano o sono interessate a far parte della catena del valore dell’idrogeno. H2AR è nato per impulso della Y-TEC, ossia il ramo tecnologico di YPF, la compagnia petrolifera statale argentina che sta guardando con sempre maggior attenzione alle possibilità offerte dall’idrogeno in chiave di riconversione energetica.
Il caso argentino è interessante poiché mostra che, nonostante le difficoltà dello Stato, le aziende stanno comunque convergendo sul settore dell’idrogeno, anche con progetti innovativi come quello dell’azienda Buquebus, che sta studiando come integrare l’idrogeno tramite la miscelazione con il gas naturale nei motori esistenti del trasporto navale.
Tuttavia, il privato può sopperire in maniera limitata alle mancanze dello Stato. Imprese propositive, risorse abbondanti ed un buon mercato, non possono comunque bastare se la politica non crea un ambiente favorevole agli investimenti. Questo scenario complesso interessa e può avere importanti ricadute anche per l’Italia.
D’altronde, alcune nostre aziende da tempo hanno già visto in Argentina opportunità d’investimento, basti pensare ad Enel Green Power, che nel Paese possiede una capacità di produzione di 1.328 MW grazie a 2 impianti idroelettrici. Oppure al caso di Faam che, all’interno del settore strategico del litio e in joint venture con l’azienda statale argentina Jemse, ha aperto una fabbrica di celle e batterie al litio nella provincia di Jujuy.

Se l’Argentina sarà il futuro hub dell’idrogeno sudamericano ad oggi non è dato saperlo, al momento il suo vicino andino è più promettente per investimenti e riforme nel settore.
Di certo le potenzialità al Paese non mancano, sarebbe opportuno che l’Italia colga queste e si proietti fuori dallo spazio euro mediterraneo per arrivare fino in capo al mondo. Occasione propizia potrebbe essere il tour europeo del Presidente Fernández, in cerca di sostegno politico ed economico,  che farà tappa anche a Roma. In questo contesto l’Italia potrebbe accreditarsi come partner credibile ed affidabile – quale è – per tutti quei Paesi che ambiscono ad essere attori protagonisti del domani, pur avendo un presente incerto, promuovendo altresì il grande valore del nostro tessuto industriale.

 

Articolo a cura di Michele Scarpa– Alunno XXII edizione Master SAFE
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