La maggior parte di noi quando pensa ad un modello di leader lo immagina come forte, incrollabile, visionario, senza paura. Guardiamo a personaggi di successo come Bill Gates, Steve Jobs, Thomas Edison e li associamo una personalità determinata, assertiva e anche, a volte, aggressiva. Spesso, la prevaricazione viene vista come forza e, quindi, come una qualità indispensabile per essere un leader di successo. Ma è davvero così?
Cosa possiamo dire invece di un modello di leadership opposto, basato sul rispetto e l’inclusione piuttosto che sul potere? Ammireresti un leader che “guida” con garbo, ascolta attentamente e parla con rispetto o lo vedresti come “debole”? È meglio essere un leader che sostiene e incoraggia o un leader che impone e decide?
La risposta non è semplice e forse ancora troppi leader approcciano uno stile direttivo troppo improntato su un modello di command&control, ormai vecchio e che spesso non porta ad ottenere i risultati sperati.
I leader che impostano il proprio stile manageriale su dinamiche di forza e di potere, rischiano di stimolare comportamenti reattivi basati sulla paura, comportamenti che aumentano drasticamente i livelli di disengagement, alimentano condotte disfunzionali all’interno dell’organizzazione, limitando le potenzialità dei singoli e di conseguenza anche il raggiungimento degli obiettivi di business.
Oggi, i manager, sono chiamati a decidere in contesti volatili, incerti, complessi ed ambigui in cui la sfida principale è definire la strategia migliore senza poter contare su informazioni e dati certi, guidando e motivando i team verso l’eccellenza organizzativa.
Per poter gestire il nuovo scenario competitivo le organizzazioni fanno sempre più affidamento su team eterogenei e multidisciplinari che combinano competenze diversificate per genere, cultura e geografia. Ma semplicemente riunire un mix di persone eterogenee non garantisce alte prestazioni.
Servono leader inclusivi e cooperativi capaci di trarre il meglio dalla diversità per trasformarla in vero talento e potenziale capace di generare diversificazione, innovazione e valore, generando in questo modoun vantaggio competitivo per tutta l’organizzazione.
Introdurre questi concetti non solo a livello individuale ma piuttosto come elemento fondante della cultura organizzativa rende un’azienda competitiva e produttiva, in modo sostenibile, in grado di navigare con consapevolezza un sistema sempre più complesso. Ora più che mai le organizzazioni hanno bisogno di leader capaci di guidare, motivare e far crescere le persone per permettere alle loro potenzialità di liberarsi e di esprimersi così da facilitare e promuovere il raggiungimento di obiettivi e risultati.
Il leader inclusivo promuove la collaborazione, crea un clima che sostiene il valore del nuovo e del diverso, abbraccia la diversità come generatrice di cambiamento, fa domande che alimentano la consapevolezza, promuove la proattività attraverso l’esempio, coinvolge e motiva tramite la coerenza, ascolta per integrare, comunica per far crescere.
Secondo la ricerca The diversity & inclusion revolution di Deloitte i comportamenti di un leader inclusivo aumentano fino al 70% il senso di inclusione provato da un team member che si traduce in una maggiore performance individuale del 17%, un aumento del 20% della qualità delle decisioni prese e del 29% della collaborazione fra team members.
Parafrasando il pensiero del grande sociologo polacco Zygmunt Bauman, si potrebbe affermare che siamo di fronte a un cambio di paradigma: da persone fluide in organizzazioni solide a persone solide in organizzazioni fluide.
Può definirsi “solida” una persona che ha sviluppato il proprio modello di leadership inclusiva ed è quindi in grado di gestire il cambiamento al massimo del suo potenziale, di adattarsi in modo positivo e veloce alle evoluzioni di scenario e alle situazioni complesse, riorganizzando la propria percezione della realtà attraverso un lavoro di consapevolezza ed esplorazione dei propri “deragliatori”.
Allenare la propria “solidità” vuol dire trasformare i propri limiti in opportunità, promuovere il passaggio da una comune modalità comportamentale reattiva a una nuova modalità proattiva capace di aiutare il singolo, il gruppo e l’organizzazione stessa a riconoscere e valorizzare la propria identità.
Per rispondere a questa esigenza e a queste nuove dinamiche, SAFE ha ideato “Re-Thinking Leadership”, percorso formativo progettato per aiutare i leader a gestire strategicamente l’incertezza e a far crescere il team in un contesto inclusive, disruptive, in continua evoluzione e sempre più digitalizzato.