“Elettrici Senza Frontiere Italia” è una onlus che opera nelle zone del pianeta in via di sviluppo con l’obiettivo di realizzare interventi umanitari in situazioni di emergenza sanitaria o di catastrofi naturali. Il presidente dell’associazione, Felice Egidi, ci ha illustrato l’impegno di ESFI e le sue missioni nei luoghi più poveri del mondo, sottolineando l’importanza del volontariato e il ruolo cruciale della cooperazione in un’ottica di inclusione e sostenibilità.
Chi è Elettrici Senza Frontiere Italia, di cosa si occupa e per quale scopo è stata costituita?
“Elettrici Senza Frontiere”, ESFI per brevità, è un’associazione del terzo settore costituita nel 2015 con l’obiettivo di partecipare ad azioni di solidarietà per fornire accesso all’elettricità e all’acqua alle popolazioni in situazioni emergenziali nelle zone del pianeta in via di sviluppo. Al suo sostentamento contribuiscono importanti aziende del settore elettrico/componentistico e volontari associati a titolo personale. Rappresenta quindi una importante realtà per il volontariato civile, ed è parte di un affine network internazionale presente in Francia, Germania, Spagna, Svizzera e Stati Uniti.
Detto questo, i fatti. Dalla nostra costituzione abbiamo portato a termine diverse missioni: nel 2016 in Congo a Voka, dove sono stati installati pannelli solari e batterie per illuminare il centro sanitario. Nel 2018 in Kenya, a Nchiru-Meru, in cui sono stati installati pannelli solari fotovoltaici a sostegno di una comunità che ospita 300 bambini sieropositivi. In Laos nel 2019, in collaborazione con “Electriciens sans Frontières France”, in cui sono stati elettrificati 6 villaggi con 600 case e 7 scuole in zone remote e difficilmente accessibili. In Angola, nel 2019, dove è stata installata una micro-grid solare fotovoltaica di 55kW con accumulo a batterie a supporto della struttura ospedaliera della comunità di Chiulo, situata al confine con il Namibia e gestita da Cuamm-Medici con l’Africa, che fornisce assistenza a 300 mila persone che gravitano nell’area in condizioni di estrema povertà. La missione era in particolare dedicata alle mamme che si recano a partorire nella struttura sanitaria, percorrendo a piedi anche enormi distanze, ed è stata intitolata “Dare luce alle mamme e ai bambini di Chiulo”.
Nel 2020 a Entebbe, in Uganda, dove abbiamo collaborato alla installazione, messa in funzione e controllo del sistema di monitoraggio dell’impianto fotovoltaico realizzato per l’ospedale chirurgico pediatrico, progettato da Renzo Piano in collaborazione con Enel Green Power e gestito da Emergency. E sempre nel 2020 una nuova missione in Kenya, di cui vi parlerò dopo, realizzata in maniera… innovativa.
La povertà energetica è una condizione estremamente limitante che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto quelle che vivono nei paesi in via di sviluppo. In che modo ESFI si impegna a contrastarla?
E’ vero. Non si può restare inattivi di fronte a questi dati drammatici che ricordo: 840 milioni di persone circa non hanno accesso all’acqua potabile e 3 miliardi di persone non hanno accesso a combustibili e tecnologie pulite per cuocere il cibo. E infine il 13% della popolazione mondiale non ha accesso ad alcun tipo di energia elettrica. Numeri impressionanti rispetto al totale della popolazione mondiale!
Noi ci impegniamo con la nostra organizzazione, e il nostro impegno si traduce nelle missioni e nelle attività che portiamo avanti, sempre in condizioni di estrema necessità.
Le fonti fossili sono imprescindibili per migliorare l’approvvigionamento energetico africano e fare leva sullo sviluppo industriale del continente. Ma come si può risolvere la povertà energetica e favorire la lotta ai cambiamenti climatici senza di esse?
La povertà energetica descrive già con la parola stessa una delle situazioni di maggior disagio per le popolazioni e rappresenta uno dei maggiori impedimenti allo sviluppo e al progresso delle comunità. L’accesso alla energia elettrica e all’acqua sono infatti i fattori fondamentali per la crescita e sviluppo economico e sociale, permettendo l’accesso indispensabile alla istruzione e al miglioramento delle condizioni socio-sanitarie delle popolazioni. Nella parte del “nostro” mondo che ci ospita diamo spesso tutto per scontato, ma dobbiamo ricordare, come già accennato, che oltre un miliardo di persone non hanno accesso ad alcuna forma di energia elettrica e di queste ben i due terzi si trovano nell’Africa Sub Sahariana! Oggi in queste zone vi è ancora un massiccio uso di combustibili alternativi ad altissimo coefficiente emissivo di sostanze inquinanti e clima-alteranti, unitamente all’utilizzo di olio combustibile per generatori diesel nelle zone senza accesso alla energia elettrica, con problematiche di disponibilità e altissima volatilità dei prezzi di approvvigionamento.
Per dare un esempio, nel corso del 2019 circa un miliardo di persone nell’Africa sub-Sahariana hanno consumato circa 200 TWh di energia elettrica, parimenti nello stesso periodo nel solo nostro paese ne sono stati consumati 320 di TWh! Si tratta di situazioni incredibilmente contraddittorie per lo sviluppo dei paesi in stato di necessità, dove le energie alternative abbondano, il solare in particolare ma anche l’eolico e il mini idroelettrico sono facilmente disponibili, e rappresentano un potenziale praticamente inesauribile ed un indiscutibile strumento di sviluppo anche in chiave locale, sia per la velocità di realizzazione, sia per la possibilità di una crescita integrata con progetti contigui ed eventualmente modulari. Un esempio: il nostro progetto in Kenya a Nchiru presso Aina, dove abbiamo seguito la logica di crescita modulare integrata e di cui parlerò successivamente.
Come avete reimpostato la vostra mission in relazione alle sfide messe in atto dalla pandemia?
La prima fase di stop del 2020 è servita anche per riflettere. Durante il primo lockdown ci siamo trovati rinchiusi nelle nostre case, come mai accaduto in precedenza, per un periodo così lungo. Il rischio era la paralisi delle nostre missioni con particolare evidenza della impossibilità di inviare i nostri volontari nelle zone di intervento.
Abbiamo pertanto riflettuto e modificato la nostra organizzazione attivando una nuova impostazione, che ha previsto una progettazione e un coordinamento centrale sempre dall’Italia, ma con una gestione operativa sul campo con modalità che potremmo definire… di “smart working”, utilizzando piccole imprese locali e personale precedentemente formato dalla micro grid acCademy sviluppata in collaborazione con Res4Africa nell’ambito del progetto “Res4covid”.
In questo modo, rimanendo in Italia, abbiamo realizzato una nuova missione, nella provincia di Meru in Kenya, a Nchiru (dove avevamo terminato un analogo progetto due anni prima) per il potenziamento dell’impianto elettrico del locale presidio sanitario per l’assistenza ai bambini sieropositivi, gestito da AINA Onlus di Roma.
Iniziativa che, voglio ricordarlo ulteriormente, è di prestigio internazionale: infatti si colloca nel progetto ‘Res4Covid’ a cui partecipano aziende, enti e onlus, come Enel, l’Università di Roma ‘La Sapienza’, la African Dreams e Res4Africa Foundation.
E la Missione non è stata ‘leggera’. Ha previsto l’installazione, nell’impianto preesistente, di ulteriori 5 kW di nuovi pannelli fotovoltaici e del relativo stoccaggio a mezzo batterie di 38 KWh di capacità. Inoltre è stata effettuata la sostituzione dei corpi illuminanti con nuovi corpi a led, per conseguire migliori performances e ridurre i consumi e i costi operativi, e la integrazione di tutto il sistema. Non a caso, la casa degli studenti illuminata poco prima di questo Natale è stata immortalata nel nostro messaggio augurale di fine anno!
Colgo la occasione per ringraziare anche il nostro partner locale, la società keniota SolarEdge, che ci ha fornito montaggio e avviamento dell’impianto con ottimi risultati.
Infine, nota anche questa di rilievo, si è trattato di un intervento che è stato realizzato in un tempo molto concentrato: in soli due mesi abbiamo realizzato e messo in servizio il nuovo impianto!
Quali sono i vostri progetti per il futuro e quali sono secondo voi le prossime linee di intervento urgenti?
Per i prossimi mesi abbiamo in programma interventi significativi. Certo, molto dipende dall’evolversi dell’epidemia che ci sta avvolgendo dall’inizio del 2020, ma noi abbiamo dimostrato che non ci fermiamo.
Vi evidenzio due progetti, che stiamo finalizzando. E mi piace sottolineare queste due situazioni perché sono perfettamente riconducibili alle problematiche di cui abbiamo parlato all’inizio: carenze di acqua e di elettricità.
Iniziamo con la necessità di fornire acqua potabile. Stiamo organizzando una missione in Camerun, in una scuola media superiore nella provincia di Garoua, nel Nord del paese. Si tratta della costruzione di un pozzo di acqua potabile ad uso della scuola e del circondario, assistito dall’impianto a pannelli fotovoltaici e stoccaggio a batterie che installeremo.
Per quanto riguarda l’energia elettrica abbiamo invece in programma una missione a Nairobi, in Kenya, area geografica nella quale ci stiamo concentrando. Si tratta di una scuola secondaria mista, gestita dai Missionari Comboniani, nella quale interverremo con l’installazione di un gruppo fotovoltaico per la riduzione di approvvigionamento dalla rete elettrica locale.
E anche queste due missioni vogliamo realizzarle con lo stesso approccio: una missione “Elettrici Senza Frontiere” progettata dai nostri tecnici, coordinata da remoto dall’Italia e realizzata sul campo da imprese locali.
LA POVERTÀ ENERGETICA RAPPRESENTA UNO DEI MAGGIORI IMPEDIMENTI ALLO SVILUPPO E AL PROGRESSO DELLE COMUNITÀ.
Felice Egidi
Intervista a cura di Mimma D’Andria – Business Analyst SAFE