Nuovi modelli di sviluppo si stanno affermando per far fronte alle crescenti sfide ambientali e sociali, nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo. Per le imprese, non solo industriali, la sostenibilità rappresenta un importante volano di investimenti su innovazione, competitività e soluzioni per la tutela dell’ambiente. Sono ormai lontani i tempi in cui l’attenzione verso l’ambiente era contrapposta allo sviluppo economico. L’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e materiali riutilizzabili, l’estensione della vita utile dei prodotti (cercando di ripensarli come servizi), la creazione di piattaforme di condivisione, riuso e rigenerazione, sono alcuni dei pilastri che rappresentano un modello per le aziende, energetiche e non, per creare valore e rispondere alle esigenze di sostenibilità del Pianeta: l’economia circolare.
Il settore energia è in una fase di transizione e di grandi trasformazioni, per citarne alcune: la diminuzione del tasso di crescita della domanda, dovuta principalmente al miglioramento delle opzioni tecnologiche di efficienza energetica; l’aumento della competitività (grid-parity) delle fonti energetiche rinnovabili; le politiche di decarbonizzazione internazionali ed europee.
I driver politico-ambientali e tecnologici spingono nella direzione in cui molti impianti energetici da fonti fossili e nucleari a livello internazionale dovranno andare incontro a operazioni complesse di riconversione, smantellamento o rigenerazione, più in generale di decommissioning.
Concentrandoci sul mercato europeo, centinaia di centrali elettriche a carbone sono state dismesse negli ultimi anni e questo accadrà in misura crescente nel prossimo decennio. La pianificazione di un processo di decommissioning di questi impianti sarà essenziale per ridurre al minimo gli impatti potenzialmente negativi per le comunità. I principi dell’economia circolare, in tal senso, possono essere applicati ai processi di decommissioning e, innanzitutto, garantire la rigenerazione delle centrali elettriche non più operative, trasformando questo percorso in una grande opportunità di sviluppo sostenibile e di creazione di valore.
L’applicazione di strategie basate su un approccio di decommissioning “circolare” si contrappone all’utilizzo di un approccio “lineare”, ma quali sono le differenze e soprattutto i vantaggi?
L’approccio “lineare” tipicamente utilizzato prevede semplicemente la chiusura e l’inattività dell’impianto, applicando il minimo intervento ambientale previsto dalla legge e trattando tutti i materiali e componenti come rifiuti, senza una specifica attenzione all’impatto sociale e alla conservazione del bene. La differenza e quindi i vantaggi di un approccio di tipo “circolare” sono ben schematizzati in un recente studio (link) svolto dall’area “Circular Economy” di Enel e Arup, e si sostanziano nel:
– mantenimento delle infrastrutture ancora funzionanti, risparmiando sui costi associati alla costruzione e alla messa in funzione di nuovi stabili;
– utilizzo di strutture e connessioni esistenti, riducendo i tempi burocratici per ottenere le necessarie autorizzazione, nonché i costi per costruirne di nuovi;
– riutilizzo di edifici, strutture e spazi, che potranno essere riutilizzati riducendo così i costi di demolizione e la necessità di nuovi investimenti;
– conservazione e riutilizzo in un contesto diverso dei materiali, evitando lo smaltimento e il nuovo utilizzo di risorse vergini;
– valorizzazione degli ecosistemi e delle competenze locali, riducendo gli impatti ambientali e sociali. Infatti, un approccio basato sulla cooperazione con le comunità locali riduce drasticamente le criticità una volta entrati nella fase di attuazione.
L’approccio circolare alle attività di decommissioning ha un impatto ampio e soprattutto quantificabile attraverso l’introduzione di metriche di valutazione su aspetti sociali, ambientali, tecnici e finanziari. Le principali implicazioni valutabili sono:
– tecniche: le potenziali implicazioni associate alle gestione dei rifiuti a alle possibili alternative di smaltimento dei rifiuti;
– sociali: riguardano la rigenerazione degli impianti elettrici. La loro disattivazione potrebbe diventare una risorsa per le comunità locali generando benefici in termini occupazionali e di vivibilità della città;
– finanziarie: i benefici finanziari associati al bilancio finanziario delle società energetiche al momento dell’applicazione dei principi dell’economia circolare in contrapposizione ai tradizionali processi di disattivazione;
– ambientali: la valutazione dell’impatto delle operazioni di disattivazione in relazione alle emissioni ambientali e al consumo di materie prime.
Lo sviluppo di KPIs per la valutazione dell’impatto complessivo di un intervento di decommissioning rappresenta lo step successivo per l’introduzione del modello, sia per interventi di totale disattivazione che di rigenerazione o re-power dell’impianto.
Decommissioning industriale ed economia circolare sono tra i temi di attualità individuati da SAFE e il suo Centro Studi per i prossimi anni, seguendo il filone di studi sugli investimenti “sostenibili”. L’approccio presentato rappresenta un elemento di valenza strategica al pari delle modalità innovative di sviluppo del “commissioning”. Sottovalutare l’impatto complessivo delle operazioni di dismissione di una centrale o di un impianto, infatti, può significare perdita di risorse umane ed economiche, rischi per l’ambiente e conseguenti problemi di reputazione aziendale.
Approfondimento a cura di Lorenzo Viola