QUADRO GENERALE
L’ultimo trimestre è stato caratterizzato da una serie di eventi che ha significativamente modificato gli assetti del mercato.
Il quadro climatico di generale mitezza delle temperature durante lo scorso trimestre ha continuato ad impattare anche l’ultima parte dell’inverno termico, aggiungendo ulteriore pressione ribassista sui prezzi delle commodities energetiche e in particolare sul gas naturale. Inoltre la tendenza alla crescita dei flussi di LNG scaricati in Europa è continuata senza sosta, facendo segnare proprio a marzo il record assoluto di volumi.
La situazione contingente causata dall’epidemia di “coronavirus” aggravatasi nel nostro Continente proprio dal mese di marzo ha causato un repentino calo di domanda mai sperimentato in Europa in tempi recenti. In Italia in particolare il calo della domanda “elettrica” è stato seguito, seppur con meno intensità, da un conseguente calo di domanda di gas naturale, specialmente ad uso termoelettrico e ciò al di là della naturale stagionalità del periodo.
Il forzato cambiamento nella politica commerciale della produzione di petrolio dell’OPEC, seguita al fallimento nel rispetto dei tagli di produzione stabiliti l’anno scorso in accordo anche con la Russia (OPEC+), in concomitanza con l’accelerazione della crisi da Coronavirus, ha causato un cataclisma nel mercato del petrolio portando i prezzi di tutti i prodotti fisici e dei principali benchmark finanziari (brent e WTI) a ribassi epocali (nell’ordine del 40%). I paesi produttori, compresi gli Stati Uniti, discutono proprio in questi giorni l’attuazione di misure coordinate di sostegno del prezzo per poter sostenere e in alcuni casi salvare i comparti più colpiti della filiera, in particolare l’upstream.
In generale la tendenza ribassista del quarto trimestre del 2019 continua e si accentua, soprattutto per eventi esogeni, nel corso del trimestre appena passato. La crisi innescata dall’aggravarsi del quadro dei contagi dovuti al Coronavirus è ora centrale, le dinamiche che dominano la scena in condizioni normali risultano per il momento di minor rilievo ma chiaramente non sono assenti.
TEMI RILEVANTI
U-turn nella politica commerciale OPEC
L’unione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), guidata dall’influente Arabia Saudita che ne costituisce anche il membro più importante per volumi di produzione, è in crisi già da tempo. Il basso livello di compliance rispetto ai tagli di produzione imposti dalla recente politica di sostegno del prezzo del petrolio ha progressivamente svelato, soprattutto nel corso dell’ultimo anno, una situazione di profonda crisi, interna alla stessa organizzazione.
Lo scarso livello di committment che ha caratterizzato le scelte di limitazione della produzione da parte dei paesi membri, inclusa anche la Russia come outsider, è stato senza dubbio il sintomo più evidente di una disgregazione della coesione tra i paesi membri, culminata a inizio marzo nella decisione, quasi obbligata, da parte dell’Arabia Saudita di cambiare la propria politica, passando dal sostegno ai prezzi al perseguimento della market share e decretando di fatto l’insuccesso della stessa OPEC+.
In condizioni normali un evento del genere avrebbe causato un ribasso repentino del prezzo del petrolio e dei suoi derivati, ma l’incredibile sincronia temporale con l’aggravarsi della situazione globale a causa del coronavirus ne ha certamente amplificato a dismisura gli effetti, aggiungendo allo shock lato offerta anche uno shock lato domanda. Il prezzo del benchmark brent è passato dai circa 50 usd/bbl di fine febbraio ai circa 26 usd/bbl di fine marzo.
Ad oggi la situazione risulta ancora particolarmente critica dal punto di vista degli economics che girano intorno all’industria del petrolio. Il calo di domanda di petrolio e di raffinati indotta da un sostanziale lockdown globale a causa dell’emergenza sanitaria, ha riportato i paesi esportatori al negoziato in difesa dei prezzi.
Il livello dei prezzi è infatti talmente basso da mettere a rischio il bilancio nazionale di molti paesi che basano la propria economia principalmente sull’esportazione di petrolio, oltre ad esser ormai sotto la soglia di profittabilità dell’attività estrattiva. Incidentalmente i negoziati si sono estesi anche a paesi occidentali con un sistema di governo liberista normalmente estranei alle decisioni di “cartello”, come ad esempio gli Stati Uniti, che si sono addirittura fatti promotori dell’iniziativa e hanno fortemente voluto che l’OPEC+ ritornasse a sedersi al tavolo delle trattative.
La decisione finale, proprio di questi ultimi giorni, è per un taglio di base di circa 10 milioni di barili al giorno a cui si aggiungeranno ulteriori volumi di altri paesi produttori esterni all’OPEC+. La gran parte del fardello verrà sopportata dalla stessa Arabia Saudita e dalla Russia. D’altra parte in USA il settore upstream è liberalizzato e difficilmente sarebbe possibile per il governo limitare la produzione di compagnie che operano sul libero mercato, mentre in Arabia Saudita e Russia le compagnie del settore sono statali e vengono gestite direttamente da una autorità centrale.
Impatto del Coronavirus sul mercato
Dall’inizio del mese di marzo il contagio da Covid-19 ha raggiunto e colpito l’intera Europa causando in numerosi paesi il fermo forzato di tutte le attività economiche non essenziali. Un problema partito dalla Cina ma che in poco tempo ha colpito pesantemente la popolazione europea e il regolare corso delle attività economiche. La decisione di limitare, in molti casi ex lege, la libertà di movimento dei cittadini ha avuto la conseguenza positiva di limitare il contagio, ma dal punto di vista economico ha messo a rischio le economie europee che già non versavano in eccellenti condizioni.
Al di là dell’ovvio calo dei fatturati, l’effetto coronavirus si è riverberato pesantemente anche sui consumi elettrici che, specialmente in Italia ma in generale anche in tutto il resto d’Europa, si sono ridotti al punto da portare i prezzi spot dell’energia elettrica a valori mai sperimentati prima in questo periodo dell’anno. Anche gli effetti sulle curve forward sono stati significativi e a fine marzo i ribassi registrati sono arrivati anche al 20% rispetto ai valori di fine febbraio. Il power Italia non ha fatto eccezione e non si riesce ancora a immaginare quando sarà possibile un pieno ritorno alle condizioni pre-crisi; questa incertezza frena parzialmente il ritorno degli acquisti sulla curva forward, legandone i movimenti più al mood psicologico del momento.
La marginalità degli impianti di generazione termoelettrica rimane sotto pressione ma comunque si è attestata in territorio positivo sui mesi appena trascorsi grazie anche al ribasso proporzionale del gas naturale e al vigoroso ritracciamento del mercato delle EUA componenti dell’equazione del clean spark spread.
Supply gas
La dinamica del prezzo del gas ha seguito (e soprattutto causato) il movimento ribassista del power: la diminuzione dei prezzi iniziata a ottobre del 2018 e proseguita per tutto il 2019, con qualche breve pausa, è andata avanti anche per il primo quarto dell’anno 2020.
Lo scenario ribassista si è confermato dunque grazie ad una serie di fattori concomitanti che hanno spinto i prezzi verso il basso:
- il quadro climatico che ha segnato un inverno particolarmente mite accentuando la situazione di oversupply pregressa;
- il livello degli stoccaggi europei mantiene il gap positivo rispetto al livello degli anni precedenti (oltre il +20%) e gli operatori si approssimano alla stagione di iniezione con una grossa quota di spazio già “occupata” dal gas iniettato l’anno scorso che a causa delle temperature miti non è stato consumato;
- la contesa tra Russia e Ucraina per il transito del gas verso l’Europa si è risolta bonariamente proprio poco prima della fine di dicembre, evitando di porre un freno alla situazione di lunghezza sistemica che aveva caratterizzato tutta la prima parte dell’inverno 19-20;
- i flussi di LNG verso l’Europa non si sono arrestati e anzi, proprio nel marzo di quest’anno si è registrato il record storico di discariche superando anche il dato di dicembre 2019 (il secondo in ordine di grandezza);
- l’esplosione dei contagi da coronavirus in Europa e il conseguente lock down del sistema economico hanno causato uno shock lato domanda mai sperimentato prima dal mercato, amplificando gli effetti dei fondamentali già particolarmente ribassisti.
Al momento si è osservato un leggero rimbalzo dei prezzi dai valori minimi ma il ritorno ad una situazione di relativa normalità resta subordinato alla risoluzione della questione sanitaria legata al contenimento e alla gestione del contagio.
Scenario della CO2
Dopo un lungo periodo di relativa lateralità, durato per tutto l’ultimo trimestre del 2019, la CO2 ha reagito bruscamente durante la seconda settimana di marzo all’effetto coronavirus, perdendo in una settimana circa 9 €/t, passando dai circa 24 ai 15 euro per tonnellata.
La spinta finanziarizzazione del mercato dei titoli di emissione ha poi consentito, a valle delle misure di sostegno all’economia ventilate dai vari stati membri, una ripresa molto rapida delle quotazioni riportando il prezzo del dec-20 sopra i 20 euro tonnellata.
Il timore che le emissioni contabilizzate nel 2020 possano essere decisamente inferiori alle attese a causa della chiusura forzata di molte attività produttive nel corso del mese di marzo e probabilmente ancora per qualche mese a venire, metterà sotto pressione le quotazioni dei permessi di emissione che probabilmente durante quest’anno non sperimenteranno i massimi registrati durante l’estate scorsa.
Tuttavia la natura finanziaria che caratterizza i prodotti futures sui titoli EUA li rende prodotti appetibili anche per operatori finanziari che hanno come core business altre asset classes per il potere “diversificante” che i titoli di emissioni hanno nei propri portafogli. La volatilità e la liquidità conferita al mercato futures delle EUA attraverso il legame con mercati “esterni” all’energy complex, pertanto, continuerà ad accentuarne le caratteristiche speculative influenzando direttamente anche il power e il gas ad essa legati attraverso le formule del clean spark spread.
EVOLUZIONE FUTURA DEI MERCATI
Il periodo di incertezza che stiamo attraversando, unito all’epocale ribasso realizzatosi sia sui valori spot che sui valori futures del power e del gas Europei, ha sollecitato, come naturale conseguenza, gli acquisti di chi, come normalmente accade in questi periodi, è a caccia dell’affare. Questa attitudine del mercato si è palesata nel ritorno dei valori dei prezzi del mercato futures a poca distanza dai valori pre-crisi (al momento in cui scriviamo).
La recentissima risalita dei prezzi futures tuttavia rappresenta una dinamica di mercato guidata in larga parte dalla psicologia più che sostanziata dai fondamentali. Al momento infatti le informazioni sul momento esatto della ripresa dei consumi sono insufficienti o ancora poco chiare per poter acquisire una posizione lunga su un punto della curva future a ragion veduta. In ogni caso l’apprezzamento del mercato di questa settimana ci riporta senza dubbio, almeno in riferimento ai valori futuri, nell’intorno del “prezzo giusto” ma in ipotesi di ritorno “a regime” dell’economia globale trascurando la probabilità di un’eventuale ricaduta dei contagi ovvero in ipotesi di prolungamento del corrente stato di blocco dell’economia globale.
Ci aspettiamo per il prossimo futuro un ristorno parziale dell’energy complex ed un ritorno a valori più bassi nei prezzi futures rispetto a quanto registrato durante la week 15-2020.
In poche parole: a nostro avviso l’ottimismo è prematuro su power e gas al momento in cui scriviamo quest’articolo.
Lo scenario sull’oil è invece decisamente più compromesso e probabilmente l’effetto dei tagli decisi dall’OPEC+ di concerto con i paesi produttori del G-20 inizierà a sortire i primi effetti sostenendo i prezzi a partire dall’estate ventura; l’oversupply causato dal doppio shock domanda-offerta, accennato nel presente articolo, sulla parte a breve della curva è a nostro avviso troppo profondo per essere superato rapidamente attraverso un tardivo taglio della produzione.