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Potenzialità ed ostacoli allo sviluppo dell’energia marina
Di Adriano Piglia – Direttore Centro Studi Safe

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La superficie del nostro Pianeta è coperta per circa tre quarti da mari e oceani, una risorsa dal potenziale energetico enorme, ma ancora pressoché inesplorato.
Si calcola che se riuscissimo a sfruttare appieno correnti, onde e maree, si potrebbe soddisfare la domanda di energia elettrica mondiale prevista dalla IEA per il 2035. Lo sviluppo dell’energia marina presenta tuttavia, come ogni altra fonte rinnovabile, ostacoli che solo il progresso tecnologico potrà nel tempo attenuare: variabilità di produzione, scarsa densità energetica, costi d’investimento ed esercizio elevati.
Esiste ad oggi, un diverso grado di sviluppo per ciascuna delle varie tecnologie di sfruttamento  dell’energia dal mare: alcune applicazioni quali quelle legate ad onde e maree sono già abbastanza mature mentre ad esempio quelle connesse allo sfruttamento del gradiente termico e salino,  sono ancora allo stadio concettuale.
Lo sfruttamento delle maree avviene in impianti a terra attraverso l’uso di sbarramenti, una tecnologia collaudata ma il cui impatto ambientale è rilevante e che può essere sviluppata in un numero limitato di località. Due grandi complessi sono attualmente in esercizio: la centrale francese costruita sull’estuario del fiume Rance (240 MW) e la centrale coreana situata sul lago di Sihwa (260 MW).
Lo sfruttamento delle onde avviene sia in applicazioni onshore che offshore. Le applicazioni onshore si basano sul principio della colonna d’acqua oscillante (OWC) o del canale convergente TAPCHAN.
Nei sistemi OWC le onde in entrata ed uscita da una camera in comunicazione con il mare determinano dei movimenti d’aria che, provocando la rotazione di una turbina, consentono la produzione di energia elettrica. Nei sistemi TAPCHAN l’onda in arrivo, convogliata in un canale che si va progressivamente restringendo, alimenta un serbatoio costruito su una scogliera. La produzione di energia avviene secondo il medesimo principio sfruttato nelle centrali idroelettriche.
Il limite delle installazioni a terra è rappresentato dal fatto che rischiano di rimanere circoscritte in poche aree già parzialmente sfruttate. Maggiori possibilità sono legate invece ai sistemi offshore come il famoso “Pelamis”, struttura galleggiante composta da tronconi che si muovono perpendicolarmente al moto ondoso in cui la cattura di energia avviene nei giunti, all’interno dei quali sono installate pompe idrauliche.
Per le correnti la tecnologia è in continua evoluzione e risulta difficile prevedere quale delle soluzioni ancora in fase di sperimentazione andrà ad affermarsi su larga scala con costi di investimento ed operativi non lontani dalla convenienza economica.
Incerte sono anche le tempistiche per un utilizzo massivo della biomassa algale per la produzione di biocarburanti. Le alghe costituiscono indubbiamente una fonte dalle grandi potenzialità: si potrebbe arrivare dalle attuali 20 – 30 tonnellate per ettaro l’anno (t/ha) di lipidi ricavabili da una coltivazione alle 80 t/ha. Le difficoltà da superare sono tuttavia rilevanti: identificare il ceppo d’alga più adatto alla produzione energetica, individuare un’area adatta alla coltivazione, comprendere come rendere l’intero processo sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.
L’Italia, e l’area mediterranea più in generale, presentano per l’energia dal mare un potenziale decisamente inferiore rispetto a quello dei Mari del Nord Europa o delle Coste Atlantiche: non ci sono maree di rilievo, il moto ondoso è di scarsa potenza, le correnti sono limitate per numero e velocità. La tecnologia dovrà quindi fare notevoli progressi affinché possano esservi ospitate iniziative di una certa importanza. Viceversa, con interessanti prospettive, si stanno realizzando nel Mediterraneo ricerche legate alla coltivazione di specie algali soprattutto nelle coste nordafricane.
Gli investimenti richiesti sono ancora generalmente troppo rilevanti affinché buona parte delle tecnologie per la produzione di energia marina possano svilupparsi. I progressi che la ricerca potrebbe compiere sono tuttavia talmente ragguardevoli da suscitare, se non ottimismo, di certo curiosità e entusiasmo.

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