dossier-acquaDossier Acqua – La crisi senza voce

Di Adriano Piglia e Giulia Mazzanti  – Centro Studi SAFE

Anche se esiste ormai da decenni un apparente e generale consenso sulla necessità di promuovere uno sviluppo sostenibile, siamo ancora ben lontani dal raggiungerlo. Per rendersene conto basta guardare allo stato di risorse vitali e insostituibili quali sono quelle idriche, la cui progressiva scarsità, in un pianeta paradossalmente ricoperto per tre quarti circa da mari ed oceani, sta assumendo i caratteri dell’emergenza, troppo spesso e colpevolmente ignorata. Passa sovente sotto silenzio infatti, il fatto che nel mondo circa un miliardo di esseri umani non ha accesso ad acqua potabile sicura e più di due miliardi e mezzo di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base. La crisi idrica che stiamo ignorando non è quindi solo un fatto locale o regionale, ma mondiale, alla pari di problemi considerati come seria minaccia al futuro del pianeta come il riscaldamento globale.

La gestione dei bacini idrici ha creato nei secoli problemi e tensioni che in passato sono talora degenerate in aperti conflitti. L’aumento dei consumi idrici avvenuto negli ultimi decenni ha ridotto la quantità di acqua disponibile pro capite e la tendenza non mostra alcuna flessione. La pressione si farà sentire in modo particolare nel settore agricolo, destinato a sfamare nei prossimi quaranta anni due o tre miliardi di persone più di oggi. Non si può quindi escludere che, con l’acuirsi della competizione su una risorsa così preziosa, nuovi conflitti si ripetano in futuro, sia pure in forme diverse.

In una situazione di equilibrio precario tra disponibilità e consumi, sembrerebbe ovvio non solo che la scarsa risorsa disponibile non sia sprecata nel tragitto verso il consumatore finale, ma anche che se ne faccia un uso parsimonioso. Non è così: i regimi alimentari seguiti nelle varie parti del mondo comportano il ricorso a colture che spesso richiedono consumi idrici non congruenti con le risorse localmente disponibili.

In questo contesto la vera sfida sarà convincere governi ed opinione pubblica che una crisi idrica esiste, va affrontata ed ha una priorità almeno pari, se non superiore, a quella della riduzione delle emissioni. In ogni caso occorrerà un notevole sforzo internazionale per assicurare un efficace trasferimento di conoscenze, tecnologie e risorse economiche verso quelle aree con le quali la natura non è molto generosa.

Parlare di crisi idrica significa quindi riferirsi ad un problema complesso e trasversale che riguarda l’economia, lo sviluppo, l’energia, il clima, i rapporti internazionali, la salute, l’igiene, la dignità delle persone, al punto da essere il cardine fondamentale dello sviluppo sostenibile. Trovare un posto per la “silent crisis” nelle nostre priorità dovrebbe farci ripensare, senza condizionamenti o pregiudizi ideologici, a come disegnare oggi un futuro accettabile per i nostri nipoti.

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